Dopo la conferenza presso il cortile della Biblioteca Ariostea, dopo l’ennesima intervista, dopo un ultimo autografo e una stretta di mano, arriva l’inviata di Occhiaperti, che blocca l’esausto Tullio De Mauro, grande linguista che dà il nome a uno dei più importanti dizionari della lingua italiana, professore di Linguistica generale all'Università di Roma, nonché ex ministro della Pubblica Istruzione del Governo Prodi dal 2000 al 2001. Tre domande, solo tre per rubarle due minuti, Professore. Un cenno del capo, e tra l’emozione sgorga la prima domanda.
Linguistica e politica sono le passioni che la contraddistinguono. Hanno qualcosa in comune?
"Aristotele diceva che alla specie umana è stato dato il logos, perché l'uomo è la specie più politica, perchè ha bisogno di collaborare, di discutere su ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, su ciò che è possibile ed impossibile, su ciò che potrebbe e non potrebbe esistere. Questo è un bisogno radicato, e non è altro che il bisogno di polis e di linguaggio. E' il linguaggio che costruisce la realtà e la organizza. Le posso allora rispondere con una parola: Aristotele. E' lui che svela il punto di incontro tra linguistica e politica.".
Proprio stamattina si è svolta una manifestazione contro la riforma della scuola - che prevede tra l'altro il ritorno al "docente unico" per le elementari, con un licenziamento di oltre 87 mila docenti. Insegnanti e studenti si sono radunati davanti alla sede del Ministero dell'Istruzione, a Roma, per manifestare contro il ministro Maria Stella Gelmini. Ritiene giusto che la scuola sia costretta a riformarsi a ogni cambio di governo?
"No, non lo ritengo giusto, perché la scuola è come la lingua: è un organismo complesso, lento, che procede con i tempi della riflessione e dell'esperienza. I ministri passano, cambiano, la scuola resta con le sue complessità.".
Serve ancora la linguistica in una società in cui tutto è comunicazione e l'immagine prevale sulla parola?
Serve eccome, perchè è solo attraverso il linguaggio che si può interpretare l'immagine, come l’intera realtà.".
Ultimissima domanda, la prego. Un ultimo cenno del capo, un sorriso impercettibile, le dita che cercano una sigaretta. Arriveremo mai a una sorta di lingua universale sul modello dell'esperanto?
"L'inglese è prima lingua in sei, sette Paesi, mentre è seconda lingua in una sessantina di Paesi per il campo dell'economia. E' la lingua più studiata a livello internazionale. Ed è una lingua naturale: più facile è quindi la sua diffusione, rispetto a una lingua artificiale come l'esperanto, che può avere la sua forza nella sua forma scritta, ma non nella forma orale. Infatti, se fosse imposto l’uso dell’esperanto,tale lingua si nativizzerebbe: questa parola "difficile" significa che si evolverebbe e differenzierebbe nelle varie regioni geografiche, assumendo forme linguistiche diverse dalla lingua d'origine.".