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May 11 2011

Sesto appuntamento della rassegna Parole d'Autore

Qualunque cosa succeda - Umberto Ambrosoli a S.M. Maddalena

di Alessandro Orlandin

Onestà, correttezza, coraggio: la lezione "rivoluzionaria" di Giorgio Ambrosoli

“[Giorgio Ambrosoli] era una persona che, in termini romaneschi, se l'andava cercando
On. senatore Giulio Andreotti


Umberto Ambrosoli
A distanza di quasi trentadue anni dal suo assassinio, chi si ricorda di Giorgio Ambrosoli? È lecito – e triste – pensare che alle più giovani generazioni questo nome possa suonare nuovo. Fare in modo che la memoria dell’avvocato milanese non sia intaccata da giudizi agghiaccianti come quello espresso nel 2009 da Giulio Andreotti è uno dei compiti che il figlio Umberto Ambrosoli ha affidato a “Qualunque cosa succeda”, il libro al centro dell’incontro organizzato da Occhiobello Letteratura nell’ambito della rassegna Parole d’Autore. L’opera, uscita nel 2009 e vincitrice del premio Terzani, ripercorre sul filo dei ricordi la vicenda umana di Ambrosoli padre, assassinato nel luglio del 1979 da un killer ingaggiato appositamente dal bancarottiere Michele Sindona. L’affarista siciliano ordinò l’omicidio per impedire che Ambrosoli portasse a compimento la liquidazione della Banca Privata Italiana, istituto di credito improvvisamente finito in bancarotta per via delle condotte illecite dello stesso Sindona.

La conversazione tra Umberto Ambrosoli e il giornalista Marcello Pradarelli, nell’auditorium di Santa Maria Maddalena, parte necessariamente dal valore che il libro scritto dal figlio può avere oggi. A maggior ragione perché questo giunge a circa diciotto anni di distanza dalla pubblicazione di “Un eroe borghese”, opera d’inchiesta a cura di Corrado Stajano da cui nel 1995 è stato anche tratto un film diretto da Michele Placido. Ambrosoli non esita a definire il lavoro di Stajano un capolavoro, aggiungendo: “Si tratta di un libro completo, uscito nel momento giusto, un momento in cui l’Italia era attraversata da un forte sentimento di reazione verso il sistema dominante di quel periodo (era la stagione dell’inchiesta ‘Mani Pulite’)”. Il proposito di Umberto Ambrosoli è quello di raccontare la storia del padre anche alle generazioni più giovani, partendo dal presupposto che i valori contenuti al suo interno sono sempre di strettissima attualità. “Papà non ha fatto nulla di eroico, ma semplicemente ha fatto il suo dovere”. Una persona speciale con un proposito normale: quello di fare il proprio lavoro con onestà e correttezza. Il tutto – come osserva Pradarelli – in un paese in cui il rispetto delle regole appare come fatto del tutto rivoluzionario. “, – ammette l’ospite – ma nonostante questo mio padre cercò di fare i conti solo con il proprio senso di responsabilità, anche dopo aver subìto pressioni e intimidazioni”. Il lavoro di Giorgio Ambrosoli nel districare la matassa bancaria creata da Sindona durò quattro anni, dal 1975 al 1979. Un’operazione complessa e piena di ostacoli che l’avvocato decise di portare avanti fino alla naturale conclusione: far sì che il buco da quasi 150 miliardi di lire creato dagli istituti finanziari sindoniani non ricadesse sulle spalle dello Stato e quindi dei cittadini. Prospettiva poco gradita a Sindona e ai suoi contatti mafiosi italo-americani che, grazie anche a connivenze politiche di altissimo profilo, hanno tentato di far cambiare idea all’avvocato. Il figlio racconta: “Un signore, venuto a conoscenza delle minacce che papà stava ricevendo, gli chiese ‘Avvocato ma non ha paura per lei e i suoi figli?’. Si sentì rispondere, con estrema tranquillità: ‘Non posso insegnare ai miei figli a rinunciare a ciò che è giusto solo perché hanno paura ”.

La conversazione tra Ambrosoli e Pradarelli versa a lungo anche sulla lettera alla moglie che l’avvocato scrisse nel 1975 e non consegnò mai. Una sorta di vero e proprio testamento privo di qualsiasi tono di disperazione che Annalori Ambrosoli trovò casualmente sulla scrivania del marito.

“[…] È indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l'incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un'occasione unica di fare qualcosa per il paese. […] Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto [...] Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa. Riuscirai benissimo, ne sono certo, perché sei molto brava e perché i ragazzi sono uno meglio dell'altro. Sarà per te una vita dura, ma sei una ragazza talmente brava che te la caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere costi quello che costi”.

Qualunque cosa succeda Quel distinto signore milanese, spesso con la sigaretta tra le labbra, sapeva a cosa andava incontro. Eppure non ce l’aveva con Sindona, malgrado il banchiere lo volesse eliminare. Lo confermò lui stesso in un’intervista a una giornalista italo-svedese, facilmente reperibile anche su Youtube: “Ho della simpatia per lui, se non altro per colleganza professionale perché era un avvocato di modeste fortune negli anni cinquanta ed è riuscito a creare un grosso patrimonio […] ha dimostrato negli anni sessanta e settanta di poter costruire un grosso impero”. La chiave di lettura della parole del padre viene fornita da Ambrosoli figlio: “Papà aveva chiaro come non fossero i Sindona di turno il reale problema, ma il sistema che permetteva a personaggi come lui di prosperare. Il singolo elemento può essere fermato, ma qualcuno prenderà il suo posto se le cose non vengono risolte alla radice”. Il finale lo conoscono (quasi) tutti: i funerali di Giorgio Ambrosoli - ucciso sotto casa con quattro colpi di pistola - si svolsero nella canicola estiva di una Milano deserta, senza che una singola autorità nazionale o locale fosse presente. Il suo lavoro garantì la condanna di Michele Sindona per reati finanziari negli Stati Uniti e lo stesso banchiere venne sanzionato con l’ergastolo per l’omicidio dell’avvocato. “L’esempio che possiamo trarre dalla storia di mio padre – conclude Ambrosoli – è che dobbiamo avere il coraggio di prendere posizione, senza pensare di dover fare chissà quale rivoluzione. Fare gesti che ci sono richiesti dalla coscienza e da nessun altro. Non è una cosa di poco conto. In poco meno di due anni spesi a partecipare a incontri pubblici, mi sono accorto che fuori dallo schermo della televisione esiste un’Italia migliore, in grado di fare questa scelta. E’ l’Italia più forte, anche se minoritaria in termini numerici. E io sono orgoglioso di farne parte”.



LINK
La puntata di "La Storia Siamo Noi" dedicata alla storia di Giorgio Ambrosoli



Scritto da: Alessandro Orlandin

Data: 11-05-2011

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