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May 31 2011

Il filosofo ha fatto tappa a Ferrara per presentare il volume

"Ho visto la luce": Incontro illuminante con Massimo Cacciari

di Gloria Dalla Vecchia

Sul De Ente et Uno di Giovanni Pico della Mirandola

Cacciari a Ferrara
Il De Ente et Uno è l’opera più raffinata e complessa di Giovanni Pico della Mirandola, filosofo umanista del ‘400. Il 27 maggio Ferrara ha avuto la fortuna e l’onore di ospitare coloro che ne hanno redatto la nuova edizione critica: sono Massimo Cacciari, Raphael Ebgi, Franco Bacchelli e Marco Bertozzi. Cacciari è filosofo e politico di fama ormai constatata, Ebgi è il suo allievo presso la facoltà di filosofia di Milano dove entrambi lavorano, l’uno come come professore, l’altro come dottorando. Bacchelli e Bertozzi insegnano invece a Ferrara, rispettivamente Storia della Filosofia del Rinascimento e Filosofia Teoretica, alla facoltà di Lettere e Filosofia di via Savonarola.

L’Umanesimo è un periodo storico fatto di tante sfaccettature ed è di Nicola Cusano (il primo filosofo moderno) l’espressione più esplicativa, ma soprattutto sintetica, di questo periodo: “Un volto lo puoi ritrarre da tanti punti di vista, ma rimane sempre un volto”. Perché l’Umanesimo è proprio questo, un modo di essere collettivo fatto dagli stimoli più disparati (o disperati), è un linguaggio vitale di figure, metafore, immagini. Pensiamo sempre e solo a Dante e Petrarca, ma il dominio d’azione è ben più ampio e comprende la produzione filosofico-religiosa di Pico, di Marsilio Ficino e dei neoplatonici, di Cusano; la nascita delle prime teorie economiche (il Buridano, Nicola Oresme e Leonardo Fibonacci); l’interesse per una nuova medicina, una nuova alchimia, un nuovo misticismo (Meister Eckhart e Margherita Porete) molto più vissuto e corporeo, non identificabile con le parole, ma soprattutto una nuova arte. L’arte rinascimentale è l’esperienza umana più riuscita di sempre. Un’armonia di sensazioni e prospettive.

Quando penso al Rinascimento, ed in particolare all’Umanesimo, vedo un fervore, una disciplina, una leggerezza, una luce. Una luce bianca che, e grazie Newton, sappiamo essere costituita da tutti i colori dell’arcobaleno. L’Umanesimo è un’interdisciplinarietà creativa e, per tornare al nostro Pico della Mirandola, volevo dire di come in lui vengano incanalate tutte queste energie così diverse. Lo scopo del De Ente et Uno è di concordare le filosofie di Platone e Aristotele. C’è chi dirà, è necessario mettere d’accordo questi due che ormai, visto che è passato tanto tempo, forse è il caso che restino divisi?
scuola di Atene
Ebbene in questo quadro di Raffaello vediamo che Platone indica il cielo e Aristotele tende invece il braccio all’orizzonte, come a contenere il mondo.
Ente et uno Questi gesti sono significativi: Platone crede nell’Uno, principio dell’intero universo, indicibile, poiché sta sopra tutte le cose e dunque non può essere una cosa, un Ente. E’ al di sopra. Là. Sì, proprio dove sta indicando il nostro vecchio. Aristotele invece dice no, il principio dell’intero universo è qua. E’ ente, riesco ad impugnarlo, non lo vedi? Si guardano, si sfidano, ognuno con il proprio libro come arma da sfoderare contro l’avversario: il Parmenide platonico e l’Etica aristotelica. I neoplatonici radicali, proprio per contrapposizione agli aristotelici, affermano l’indicibilità e l’inafferrabilità di questa Idea. Meister Eckhart dice “Prego Dio di liberarmi da Dio” tanto è lunga la strada da fare. Pico dice: attenti neoplatonici, così facendo, ovvero se Dio sta così lontano dagli Enti, com’è possibile che dal Non-Ente procedano gli Enti? Dio è Ni-Ente, Dio è Niente? Inconcepibile. I neoplatonici, malgrado i buoni propositi, si sono rivelati i nichilisti della situazione, come si dice, la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.

Ciò che non è Ente, è Nulla? Ed ecco che ritorna il dito di Platone: indica la Luce. Prima di capire devo vedere. (In sanscrito capire si dice “Vidia“, visione; in tedesco è “Weltschaug”, sguardo sul mondo; di qui il vedere è capire). Sembra gli stia dicendo: "Aristotele, noi vediamo le cose, è vero che esistono di per se stesse e non siamo noi a crearle, ma le vediamo perché c’è Luce". Per vedere occorre risalire alla Verità, uscire dalla caverna. Non è un percorso da fare con le parole, infatti Platone ricorre al simbolismo del Mito della Caverna, perché l’Ente è illuminato nella sua assoluta singolarità e non è descrivibile in quanto, altrimenti, il conoscibile si disperderebbe nelle maglie del discorso. Dice, fai esperienza del divino, guarda la Luce che bacia ogni sua creatura, compreso te stesso. Oltre ogni determinazione d’essenza.

Pico della Mirandola aveva capito tutto questo, vedeva che i due potevano andare d’accordo se solo l’avessero voluto. Uno. Essere. Ente. Dall’antichità fino a Sartre ed Heidegger ed il loro “Umanismo”, perché riprende gli stessi argomenti di sempre. Uno. Essere. Ente. Solo senza Dio, perché di questi tempi non ci piace molto, ma scommetto che neanche lui vada proprio pazzo per noi visto quello che siamo diventati. Perché la filosofia è proprio questo: una domanda sempre aperta. E il De Ente et Uno è una delle risposte più raffinate e ben studiate alla domanda: Ma da dove diavolo veniamo?



La fotografia in testa all'articolo è di Cristiano Luciani


Scritto da: Gloria Dalla Vecchia

Data: 31-05-2011

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