Oct 12 2011
di Luca Testoni
No. Se ve lo state chiedendo, non si tratta dell'ennesima recensione di quel piccolo capolavoro che è il nuovo disco dei Lalène. Continuando a leggere, non troverete infatti elogi ai virtuosismi di Franz alla chitarra, alla precisione di Zucco alla batteria, all'amabile melodia della voce di Edo, alla delicatezza con cui Puglia li accompagna col basso, alla bravura di Emi nell'inserirsi in un gruppo consolidato rimasto poi orfano di Vince. Niente di tutto questo.
Qui si parla del freddo vero e proprio, senza metafore e giri di parole. Quella sgradevole sensazione che ti penetra nelle carni, fino alle ossa, ti fa battere i denti, ti fa rizzare i peli e tremare come una foglia. Quell'arma malefica che il clima utilizza per torturare chi non può ripararsi ed è costretto a subirne la sorte. Ti circonda, ti avvolge e ti stringe con le sue spire gelate, ghiacciandoti i piedi, le mani, il naso e le orecchie.
"Stai attento a non prendere freddo!" Quante volte ce lo siamo sentiti dire?
Nonni, nonne, genitori, zie, persino fratelli. Tutti a metterci allerta da questo pericolo in una campagna di avvertimento talmente capillare che a confronto pure quella per l'AIDS impallidisce. Una seria minaccia per la nostra salute.
"Avrai preso un colpo di freddo...": Una classica risposta che viene data a chi lamenta torcicollo, tosse, mal di pancia, raffreddore, mal di schiena, diarrea e persino paralisi facciale!
Perché non provare a capire se il freddo ha un vero ruolo in tutto questo? Troppe volte il freddo è stato tirato in causa, imputato di aver provocato malattie, processato per direttissima e condannato ad essere il colpevole dei cosiddetti "mali di stagione". Perché non dare al freddo una possibilità almeno in appello?
Sono sicuro che tra di voi ci sia qualcuno a cui la risposta "è stato un colpo di freddo" non basti, non ci crede, non può essere vero. Bravi. E allora andiamo a vedere cosa dice la letteratura scientifica.
Per prima cosa ci chiediamo se esistono le cosiddette sindromi da raffreddamento. Troveremo che comprendono varie condizioni morbose accomunate dall'avere il freddo come fattore eziologico, ma dal punto di vista nosografico non esistono.
Pensiamo ad esempio alla paralisi a frigore. Una paralisi facciale (conosciuta anche come paralisi di Bell) che oggi viene definita criptogenetica perché una causa chiara non viene riscontrata nella maggior parte dei casi. Ma un tempo veniva imputata al freddo. Perché domandando a chi ne soffre “nei giorni scorsi ha preso freddo?” quasi tutti rispondono "sì". Peccato che se poniamo la stessa domanda a chi non ha una paralisi facciale, la risposta sia la stessa. La spiegazione è semplice: d'inverno è piuttosto comune esporsi a basse temperature, e d'estate sfido chiunque a non essere mai transitato attraverso un luogo con aria condizionata o sotto le pale di un ventilatore...
Lo stesso tipo di discorso può essere fatto con chi lamenta male alla pancia e diarrea, dolori muscolari, raffreddore e tosse. In poche parole prendere un colpo d'aria fredda non può essere considerato come causa di queste patologie. La sentenza in appello scagiona il colpo di freddo.
Un discorso differente invece merita l'esposizione prolungata alle basse temperature. È stato dimostrato che soggiornare per lungo tempo in ambienti freddi fa aumentare l'incidenza di sintomi dolorosi muscolo-scheletrici e di infezioni alle vie respiratorie. È intuitivo capire il perché. Il nostro corpo necessita di una temperatura compresa tra 35.7 e 37.7 °C per funzionare al meglio. Al di fuori di questo range, molte attività enzimatiche del nostro organismo sono seriamente compromesse. Pertanto, finché il nostro corpo è in grado di mantenere la propria temperatura all'interno di questo ristretto limite non succede niente; se invece stiamo al freddo troppo a lungo, la nostra temperatura corporea potrebbe abbassarsi e in questo caso potrebbero insorgere problemi. Un caso emblematico è quello della bronchite (o qualsiasi altra infezione delle vie respiratorie). Per lungo tempo si è sempre creduto che l'unico fattore responsabile fosse il freddo. Dato per scontato che non viviamo in un mondo sterile, ma che l'aria che respiriamo è piena di microrganismi, il nostro sistema respiratorio è dotato di ciglia che impediscono ai germi di attecchire alle mucose e dare infezioni. Il freddo rende inefficaci le ciglia, per cui i batteri e i virus che respiriamo quotidianamente hanno la possibilità di colonizzare i nostri bronchi.
Recentemente però si è scoperto che il freddo non è l'unico responsabile. Infatti, affinché avvenga l'infezione, è necessario comunque inalare una certa quantità di germi e questi devono essere particolarmente patogeni. In pratica, stando all'aria aperta d’inverno, nonostante il freddo, non è detto che ci ammaliamo di bronchite (anche perché la maggior parte dei batteri non sopravvive a basse temperature); risulta quindi necessario recarsi in un luogo dove la concentrazione di germi (vivi) sia alta, ad esempio in posti chiusi, umidi e affollati.
Perciò se in inverno ci ammaliamo di più che in estate è perché passiamo più tempo al chiuso, al caldo, all'umido e assieme a molte altre persone. Il freddo finisce perciò notevolmente ridimensionato nel suo ruolo di portatore di malattie.
Ricapitolando: se il 24 dicembre volete festeggiare la vigilia di Natale assieme alla famiglia, passate a prendere il nonno in casa di riposo, andate al ristorante e vi dimenticate il nonno in macchina, poi quando tornate al parcheggio e vi rendete conto di quello che avete fatto, per riparare al danno non portate il nonno all’Ipercoop, perché se si ammala è proprio per questo.
Scritto da: Luca Testoni
Data: 12-10-2011
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