Feb 04 2012
di Grazia Russo
Ecco, appunto. Trattasi di persona, prima che di qualunque altra tipologia di qualifica. Non semplicemente presidente del consiglio, o papa, o dirigente d’industria. Prima di tutto ciò che si chiede è lo status di Persona. A richiedere questa qualità più che qualifica sono i ragazzi, i disoccupati, gli studenti o i laureati che sono passati dalla padella alla brace nel giro di pochissimi mesi. Dalle pessime figure a livello internazionale regalateci dall’ex presidente del consiglio di questo povero paese e che sgomitando siamo costretti – una volta oltrepassate le Alpi – a cercare di strapparci di dosso anche con i denti, perché è un abito che ci sta troppo stretto; passando per definizioni piuttosto infelici: non da ultima "bamboccioni”, siamo arrivati ad essere considerati degli schiavi.
Schiavi di questo sistema, perché se è vero che dobbiamo confrontarci con un mondo in continuo cambiamento dove il famoso o famigerato posto fisso è un'utopia, è anche vero che questo mondo così com'è ce l'ha regalato la sua generazione signor Presidente e quella successiva alla sua. Un regalo che per quanto vi siate impegnati a cercare, creare, pensare, noi giovani di oggi non vi avevamo chiesto. E se lo lasci dire: in quanto a regali non ne capite poi molto. Questo regalo non ci piace. Gli insulti accompagnati da sorrisi a mille denti e il tono canzonatorio da osteria hanno lasciato il posto a queste "perle di saggezza", delle quali avremmo fatto volentieri a meno.
Adesso abbiamo un professore, di tutto rispetto sembrerebbe, che dall’alto degli incassi che porta a casa a fine mese per il lavoro ripetitivo o meno che si ritrova a fare, viene a dire a chi un lavoro non ce l’ha, un posto fisso non ha idea di cosa sia, non ha mai visto un contratto a tempo indeterminato e forse questo tipo di esperienza mistica non la farà mai nella sua vita, non ha mai visto un semplice contratto più probabilmente, nemmeno attraverso un confronto con gli amici e non ha idea di cosa significhi fare la fila in posta per ricevere la pensione, perché tale termine verrà debellato dal dizionario o considerato obsoleto o desueto nel giro di pochi anni; beh, ci dice che: “I giovani – si devono abituare – all’idea di non avere più il posto fisso a vita. Che monotonia. È bello cambiare e accettare delle sfide”.
Bene, anzi no: benissimo. Anzi no, mi correggo: malissimo. “Io non ci sto!” – sono le parole di un discorso chiave di Oscar Luigi Scalfaro scomparso da poco e sono le parole che io faccio mie e credo molti come me, trasformandole in un “Noi non ci stiamo!”. Una frase del genere il Presidente Monti non l’ha detta a professionisti che devono scegliere tra un lavoro ben pagato e un altro pagato meglio del primo e che come unico interesse hanno un guadagno maggiore rispetto a quello che portano a casa ogni mese. Una frase come questa è sbattuta in faccia a giovani che devono arrangiare, provare a stare un po’ più su della sopravvivenza, in una condizione di vita decente e che per mantenersi a galla in questo contesto, con laurea alla mano fanno i dog-sitter, raccogliendo ciò che resta per strada delle scatolette di cibo per cani, per sei euro l’ora. Ragazzi che leggono nei maggiori siti di offerte di lavoro inserzioni come queste: “Cercasi per call center un laureato o diplomato con buona conoscenza lingua inglese e tedesca, almeno due anni di esperienza nel settore. Buona conoscenza del web e pacchetto Office, spiccate doti relazionali, spirito di gruppo, forte motivazione. Contratto di 6 mesi, 400 euro mensili”.
Ecco, perché un laureato con esperienza e buona conoscenza linguistica, informatica e con buone doti relazionali dovrebbe ridursi a svolgere questo tipo di mansione? Perché il mercato non gli offre di più? Perché le sue competenze non vengono impiegate nel miglior modo possibile e con equo riconoscimento espresso in denaro? Perché ci si dovrebbe adeguare a ciò che passa un sempre più povero convento? Battute così infelici non dovrebbero nemmeno esser pensate, signor Presidente. Lasci scegliere a noi se il lavoro che vogliamo fare e che scegliamo di fare, se il lavoro per il quale studiamo tutta una vita rientra tra le cose monotone e di routine della vita di un uomo. Di certo ad essere monotone e antipatiche sono queste considerazioni molto infelici che ci vengono propinate da capi di stato da anni, gli stessi che dovrebbero rappresentarci e difenderci, gli stessi che fanno lo stesso lavoro da anni, un lavoro monotono dunque. Opinioni non richieste, ma elargite con mano tesa dall’ alto della cattedra. Professore, anche la didattica è cambiata.
Precario il mondo precario il mondo
non è perenne il ghiaccio che si sta sciogliendo,
non è perenne l’aria e si sta esaurendo
e d’indeterminato c’è solo il Quando
Precario il mondo si finchè è normale
ma sembra ancora più precario questo stivale
che sta affondando dentro un cumulo di porcheria
e quelli che l’hanno capito vedi vanno via.
"Precario è il mondo"
Daniele silvestri
Scritto da: Grazia Russo
Data: 04-02-2012
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